All’ora di pranzo. Di Mimmo Lastella

 “riflessioni e pensieri di un nostalgico”.

Carissimi lettori, carissime lettrici

Faccio alcune riflessioni sulla valenza dell’ora di pranzo prima dell’avvento della telefonia mobile e di internet.

Prima dell’avvento dell’imbecillità tecnologica che, ha ridotto la stragrande maggioranza del popolino a emeriti dipendenti tossici da elettronica ed elettromagnetismo psicologico, dovuto all’attaccamento per futili motivi ad uno smartphone, I-phone, tablet e pc, l’ora di pranzo “almeno per noi giovani ventenni dell’epoca”, acquisiva, una certa importanza oserei dire strategica per le comunicazioni via cavo ed interpersonali.

Vi è da dire che, avevamo un unico gestore della rete telefonica nazionale, ovvero la Sip (che originariamente stava per società idroelettrica piemontese), controllata dall’Asst “azienda di stato per i servizi telefonici”, successivamente, divenuta telecom -TIM grazie alle scellerate politiche liberiste dei vari governi di centro-sinistra, con conseguente liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni; che c’ha portato alla odierna giungla di gestori che fanno a gara per offrire alla clientela “servizi migliori” <a frecacompagni> ovvero a chi imbroglia di più attraverso lo stalkeraggio telefonico da parte di call center ad ora, punto e momento della giornata.

Ritorniamo indietro.

Dicevo l’ora di pranzo, oltre che essere l’ora x per metter tavola e mangiare, era l’ora dedicata alla ricezione delle telefonate di lavoro e non.

Chiamami a casa all’ora di pranzo, ci sentiamo all’ora di pranzo, mi puoi trovare a casa all’ora di pranzo; ed infine se non eri a casa per l’ora di pranzo, la mamma ti diceva: “ti ha telefonato l’amica Veronica, chi è, la tua fidanzata?” No, è un amica di scuola, rispondevo.

Espressioni e frasi ormai in disuso e prontamente sostituite da: “mandami un sms, chiamami al cell. Mandami un whatsApp,   ci sentiamo su massenger e dulcis in fundo, lo smart working, altro metodo di rincoglionimento collettivo.

Successivamente all’ora di pranzo “al sud”, vi era e vi è la controra “ora contraria” dove, tutto si acquieta, tutto si calma, l’ora nel quale, ci si concede la siesta, il pisolino l’ cing’ m’nut’” <i cinque minuti di riposo, di assenza totale dal mondo> l’ora in cui i morti, vanno a seppellire: “a cè or’ avà scì Z’nzell’  a s’bblì? Alle tre e mezz’ alla contror’!  (a che ora deve andare la signora Enza a seppellire? Alle 15.30, alla controra.

Se passeggiavi alla controra per il corso cittadino, potevi incontrare quasi normalmente, una ragazzotta, in cerca di un po’ di fortuna e solo quella; in cambio, potevi avere una semplice toccata di cosce o, al massimo un po’ di petting.

Oggi, la controra, è disturbata dallo stalkeraggio continuo di call center che, non ti fanno dormire che, ti fanno arrabbiare; e l’ora di pranzo, non ha più orari fissi; in quanto, la vita quotidiana, è diventata più nevrotica e, il logorio del lavoro sempre più insopportabile; oggi andare in quiescenza,  sta diventando sempre più un miraggio; e quando c’arrivi “se c’arrivi,” entri nell’anticamera della morte, ti resta poco da vivere per colpa di un regime sempre più ostile alla popolazione anziana; e, per sopraggiunti acciacchi e demenze senili varie.

A dire il vero, sento un pizzico di nostalgia di quei tempi, tempi passati, tempi di gioventù che se ne va e non torna più.

Mimmo Lastella “scrittore e opinionista”.