Il falso mito della gnocca

Rosalba, è una cantante di successo conosciuta al pubblico, col nome d’arte di Arisa.

In quest’ultimo scorcio dell’estate afosa e pandemica agostana, essa, pensa bene di mostrarsi ai suoi fans, in bikini, mettendo in evidenza il suo lato più proibito, il pube, evidenziando il suo erotismo, non artefatto, ovvero nature.

Sfatando finalmente un falso mito, il mito della gnocca; in quanto, Arisa, ha riscosso un enorme successo fra i suoi fans ed apprezzamenti da parte di Fedez ed altri big della musica italiana e non solo; salvo il giudizio bigotto e a mio parere da body shaning di Caterina Collovati, maestrina di un femminismo integralista e bigotto definendo il body positivismo: “politically correct rimbambito e noioso.

In questi ultimi tempi, si va creando sempre più nell’immaginario collettivo, il mito della gnocca, della bonazza, magari creata dall’estro artistico di qualche luminare della chirurgia plastica, contornata di piercing, tatuaggi, organo sessuale e ascelle prive di peli, peli che hanno rappresentato e a mio avviso rappresentano il sinonimo dell’erotismo più eccelso, pornosofico, capace di risvegliare in un uomo l’eros più recondito e perverso, portando il livello di testosterone al massimo.

Nella foto in bikini, Arisa, ha voluto mettere in evidenza la parte più proibita di sé, ovvero il pube contornato dalla ciccia e qualche fil di cellulite che nell’erotismo nature, non guasta mai; anzi lei, ha voluto sottolineare il suo essere mediterranea, genuina, del sud.

Donne come Arisa, sono spesso e volentieri, protagoniste e muse ispiratrici dei miei racconti; nei quali chi scrive, narra un sesso, non artefatto, un sesso vero; nel quale, si mettono al centro le forme della carne che, risultano essere, il segreto del piacere; insomma un erotismo di tipo nazionalpopolare, apprezzato dalla maggior parte del pubblico.

Il successo ottenuto dalla foto in bikini di Rosalba, sta a certificare la veridicità di un proverbio, un proverbio che di primo acchito, potrebbe essere ritenuto, un proverbio  sessista e discriminatorio nei confronti delle donne, considerate dalle mentalità medioevali e possessive, “un mero oggetto di piacere; da possedere, fecondare e far figliare”.

E invece no; il proverbio esprime una grande verità, ovvero che nessuna donna rimane al palo, nessuna donna,  non entra nelle fantasie erotiche ed autoerotiche di chicchessia. Ergo: “nessuna carne rimane alla vucciria”.

Con buona pace di Caterina Collovati.

Mimmo Lastella “scrittore narrativa erotica e opinionista”