Mondiale addio: la rifondazione non può essere firmata Tavecchio

 

 

La catastrofe si consuma in una fredda notte di novembre. L’incubo di Belfast ’58 si materializza a Milano: gli azzurri sbattono contro i lungagnoni svedesi e vanno fuori dal Mondiale. Ci voleva un’impresa al contrario per uscire contro una squadra che ha pensato a non prendere per 180 minuti. Il punto è che l’Italia nelle ultime sei partite ha realizzato due gol e per qualificarsi ne servivano due nella stessa partita. La matematica non è un opinione e pensare che ribaltare il risultato al Meazza sarebbe stato una passeggiata in carrozza era esercizio di pura fede. Gli azzurri qualche occasione l’hanno pure creata e non si può dire che non ci abbiano messo la buona volontà. Nel calcio però bisogna pure fare gol e l’Italia ha faticato anche ad avvicinarsi all’area di rigore. Ci voleva un po’ di fortuna ma la Dea Bendata ha voltato le spalle perché preferisce aiutare gli audaci non quelli che si dilettano in esercizi di autolesionismo. Non schierare Insigne ed El Shaarawy ed un più logico 4-3-3 ha prodotto risultati nefasti. Ma questo ormai è il passato: il mondiale di Russia lo guarderemo da spettatori con la speranza che, nel frattempo, il Coni prenda la palla al balzo e commissari la Federazione. Non basta cambiare un ct per modificare il corso di un sistema che ormai vivacchia grazie alla passione di chi si accontenta di vedere una mediocre partita di serie A pur di distrarsi un po’ e di chi usa il calcio come valvola di sfogo social. Serve maggiore educazione allo sport nelle scuole, maggiore competenza nei settori giovani, riformulare i campionati, dare spazio agli italiani, rendere gli stadi vivibili e via discorrendo. Troppe cose per immaginare che tutto cambi nel giro di poco tempo. Però è importante mettere un punto ed iniziare il repulisti da qualcosa. La nazionale deve essere l’elemento centrale del nuovo corso ed il naturale approdo dei giocatori di talento. Oggi è solo un fastidio durante il campionato, è un momento di aggregazione conviviale ai Mondiali ed Europei. In realtà il calcio delle nazionale non è che viva il suo momento più esaltante perché affogato da calendari ingolfati nei quali è difficile trovare spazio per uno stage o un test amichevole di un certo spessore. C’è tanto da fare: l’importante è che sia più Tavecchio a farlo. Mancini e Ancelotti sono i papabili per ruolo di ct ma non sarà facile convincerli. La nazionale ha bisogna di un gestore di carattere e non di alchimisti e stregoni.

Buffon, De Rossi e Barzagli: addio alla nazionale

La sconfitta per 1-0 nella gara di andata non viene ribaltata davanti ai 70.000 di San Siro, che assistono all’ennesimo flop della selezione del ct Gian Piero Ventura. L’Italia riesce a compiere un’impresa alla rovescio: bisogna tornare al 1958, infatti, per trovare un’altra Nazionale bocciata nelle qualificazioni. Il verdetto arriva al termine di 90 minuti ad altissima tensione. Gioco se ne vede poco, le occasioni ci sono ma non vengono sfruttate. La Svezia svolge il compitino: basta e avanza per volare in Russia.  A fine gara Buffon, in lacrime, De Rossi e Barzagli hanno annunciato l’addio alla nazionale.