Il passator’, cortese e comunista

 “Questa è la triste storia di Stefano Pelloni

In tutta la Romagna chiamato il Passatore

Odiato dai signori, amato dalle folle

Dei cuori femminili incontrastato re”.

Con questo intro, inizia la ballata scritta da Secondo e Raul Casadei, in onore di un grande brigante “definito bandito”; ma in realtà un grande rivoluzionario di epoca pre-unitaria, precursore della teoria marxiana del socialismo e del principio dell’esproprio proletario. Mi riferisco a Stefano Pelloni  Il  più conosciuto tra i briganti romagnoli, nasce, ultimo di dieci figli, nel 1824 a Boncellino di Bagnacavallo, a una trentina di chilometri da Forlì, in quella Romagna che, sin dalla morte di Cesare Borgia (1507), era tornata stabilmente sotto il dominio diretto dello Stato Pontificio, uno dei più arretrati e reazionari della penisola.

 Stefano Pelloni, detto appunto “il Passatore”, o semplicemente “Stuvané” dai suoi compaesani, fu un brigante da strada attivo nella Romagna del primo Ottocento. Il soprannome gli venne dal mestiere, ereditato dal padre, di traghettatore sul fiume Lamone; era chiamato anche Malandri, dal cognome della donna che sposò un suo bisavolo. Quando diventò brigante la sua firma era “Stuvan de Passador“.

L’impresa che denota lo stile rivoluzionario e comunista  del passator’ cortese, è rappresentata dall’invasione del teatro di Forlimpopoli la notte del 25 gennaio del 1851 quando,  una quindicina di briganti ai suoi ordini, penetrarono nel teatro comunale durante l’intervallo di una rappresentazione, puntarono le armi contro gli spettatori e iniziarono un appello nominale, rapinando gli uomini più ricchi della città facendosi consegnare dieci scudi a cranio, l’equivalente di 70/75 euro odierni, ponendo in essere quello che oggi definiamo: l’esproprio proletario.

Impresa, magistralmente narrata e musicata da Secondo e Raul Casadei.

    “”Su Forlimpopoli è scesa la notte
Il cielo è cupo e pieno di pioggia
Tutta la gente già chiusa in teatro
Lungo le mura serpeggia il mistero

C’è l’intervallo, poi s’alza il sipario
Si sente un urlo, si leva il terrore
Fra dieci uomini in mezzo alla scena
Spunta la sagoma del Passatore.

Con un sorriso saluta la folla

Poi guarda i palchi dei ricchi padroni

Li vuole tutti inchinati ai suoi piedi

In compagnia di venti scudoni.

Questi versi descrivono la vera natura del “bandito-brigante” Pelloni; che alcuni storici ritengono un antenato di Raffaella Carrà il cui vero cognome, è appunto Pelloni, ovvero: un comunista rivoluzionario che aveva intuito che con l’esproprio proletario e la rivoluzione ferrea, bisognava liberare il popolo dall’oppressione dei padroni feudatari e dello stato pontificio sfruttatore, mettendo in pratica per primo, il pensiero marxiano.

Braccato dal moltiplicarsi delle forze che lo volevano morto, il Passatore, invece di cercare rifugio nell’alta Romagna, tra le foreste appenniniche, nelle vicine terre del Granducato di Toscana, che pur conosceva, inspiegabilmente indugiò nelle campagne intorno ai luoghi della sua nascita e il 23 marzo 1851, in un capanno di caccia del podere Molesa, nei pressi di Russi, la gendarmeria pontificia lo eliminò, grazie anche al tradimento di uno dei suoi uomini, Lodovico Rambelli, cui era stato promesso di poter fuggire senza essere inseguito.

Questa, è la triste storia di Stefano Pelloni, in tutta la Romagna, chiamato: “il Passatore”

Asta la vittoria siempre.

Mimmo Lastella “scrittore e opinionista”