BARI CENTRALE, STAZIONE DI BARI CENTRALE

 “Breve storia malinconica”

Quotidianamente, mi reco a Bari per lavoro che ribadisco, non è lo scrittore a tempo pieno; ma, il centralinista in un ospedale privato della città, dove quotidianamente, arrivano e si ricoverano pazienti per svariate patologie, non solo per covid.

Per raggiungere il capoluogo pugliese, <del quale, mi ritengo cittadino adottivo> per ovvi motivi di ipovisione, utilizzo il treno; e, vi posso assicurare che ogni mattina ed ogni sera “in questi tempi di pandemia e di dittatura sanitaria, è triste e malinconico vedere la stazione di Bari centrale, semideserta, priva di movida che l’animava.

Ogni tanto, incontro Filomena, una simpatica e un po’ bruttina senzatetto, che, ha fatto della sua condizione di baraccata, uno stile di vita e con la quale, scambio qualche parola, se gli dai qualche spicciolo e una sigaretta, la fai felice.

Se sono di turno nel pomeriggio, sull’uscio della porta del bar Bari-nord, c’è sempre Marilena, una simpaticissima e grassottella ragazza meretrice di ventura, si chiacchiera del più e del meno, della crisi del suo lavoro, con un unico buco nero: “essa è una ludopatica cronica”, purtroppo.

A Marilena, mi sono ispirato per scrivere il mio ultimo romanzo in preparazione: “nel nome del figlio.”

Se ci si sposta su piazza Moro, vi è un chiosco che vende panini, panzerotti , bevande e tramezzini, gestito da una bellissima signora che detto con tutta sincerità, mi fa sangue e alcune volte, tento di corteggiarla; questa gentil signora l’ho citata nel romanzo scritto qualche tempo fa: “ho perso Maretta” per non parlar poi delle signore desolate per svariati motivi; in primis quello di avere i rispettivi mariti e compagni lontani da casa; anch’esse meretrici occasionali e di ventura per poter sbarcare il lunario ed alcune in attesa di un pasto caldo erogato dalla caritas.

Questo, è il quadro odierno della stazione di Bari centrale, un tempo movimentata, oggi semideserta e malinconica, un quadro simile ad altre realtà metropolitane, senza ombra di dubbio più nevrotiche.
Una realtà che se non si pone fine alla tragicommedia della dittatura sanitaria e dell’emergenza, presto  troveremo in ogni singolo angolo dello stivale italico; mi auguro, non contornato da episodi violenti e di saccheggio.

Ritornando per un attimo al basso ceto sociale, esso in teoria dovrebbe essere difeso e innalzato dalla sinistra; che per ovvie ragioni di poltronismo e di vassallaggio alle classi dominanti, ha abbandonato pardon messo nel dimenticatoio.

M. L “scrittore e opinionista”